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  • Immagine del redattoreAlitaki

Ritorno da un viaggio


Ho smesso di avere aspettative su un luogo prima di andarci, o perlomeno provo a non pensarci più di tanto, tutte le volte che l'ho fatto la realtà è sempre stata così diversa da lasciarmi spiazzato. Quando proprio non ce la faccio, e la mente parte con i suoi voli pindarici, allora cerco volutamente di essere approsimativo. Pochi giorni prima della nostra partenza con mio fratello dicevamo, scherzando, che avremmo visto qualche monastero in cima a una montagnetta e poco più. Una robetta tranquilla, una vacanza. Chi ha l'animo irrequieto, tipico dei viaggiatori assidui, forse mi capirà se parlo di quel fastidio, spesso interpretato come un essere snob, quando alla vigilia di una partenza qualcuno ci augura buona vacanza. Intendiamoci, non ho nulla contro questo termine nè tantomeno contro tutte le persone che si concedono il meritato riposo dopo un anno o più di fatiche indicibili e tanti sacrifici. E' che semplicemente io non voglio andare in vacanza, non ora. Io in vacanza mi ci vedo tra un po' di tempo (potrebbe essere qualche mese, anno, decennio, chissà), con la testa un po' più tranquilla e magari con una dolce compagnia al mio fianco. Senza le tante domande che mi assillano negli ultimi anni, e senza quella sensazione di non trovarsi bene fino in fondo con gli altri perchè ancora non pienamente in armonia con me stesso. Ecco perchè io vado in viaggio, ne ho bisogno come l'aria, e non mi vergogno affatto ad assimilare tutto ciò a una fuga. Ora più che mai devo allontanarmi dal mio mondo, per ritrovarmi in realtà talmente diverse da farmi sentire, per assurdo, molto più a mio agio di come mi senta a "casa" mia. La Georgia è stato un bellissimo viaggio, credetemi. Di quelli che a distanza di tempo continueranno a rilasciare un po' della sua magia, come la polverina dorata della fatina Trilli di Peter Pan. E' stato un viaggio, ma questo non vuole dire che sia stato vissuto con eccessiva serietà e senza leggerezza. Basti pensare alle risate che ci siamo fatti alle due di notte quando abbiamo scoperto di essere sul pullman sbagliato e l'autista si è fermato a lato di una strada buia e piena di buche per aiutarci, con tutta la gente che ci guardava dai finestrini. Roba che qualche anno fa sarei morto dalla vergogna, e probabilmente avrei finito per scusarmi per il disturbo che stavo creando. Proprio come il titolo di questo diario, la Georgia è stata anche un'avventura, perchè abbiamo cercato di evitare il più possibile programmi, prenotazioni in anticipo, pacchetti già combinati e in questo non posso che ringraziare la pazienza e il grande spirito di adattamento di Andrea, io alla sua età impazzivo solo se trovavo chiuso per cena il ristorante dove avevo pensato di andare già dalla mattina. (e fino a ventitre anni il viaggio più lontano che avevo fatto era stato in Scozia). La Georgia è stata, soprattutto, scoperta. Di una terra bellissima, in un territorio dalle dimensioni modeste siamo passati da paesaggi semi-desertici, quasi lunari, a valichi di alta montagna sormontati da giganti bianchi, con un vento gelido che fischiava nel finestrino dell'auto. Di gente pragmatica, fiera delle proprie origini, che non sorriderà come altri popoli ma quando si tratta di dare una mano, che sia per cambiare una gomma o per suggerirti dove prendere un buon caffè (almeno secondo i criteri georgiani) sa davvero cosa vuole dire la parola ospitalità. E' buffo, quasi beffardo, perchè mentre scrivo tutto questo sembra già così lontano, l'aeroporto di Tbilisi è una scatola di acciaio e cemento come tanti altri terminal sparsi intorno al mondo, e a fianco della mia comoda poltrona c'è il solito negozio duty free che vende cianfrusaglie a prezzi assurdi rispetto a come vive la gente da queste parti. E' come se il ritorno, quel gusto che a seconda del momento della vita che stiamo passando può avere un sapore amaro o dolce, sia già dietro l'angolo, o addirittura sia già arrivato. E l'unica spinta che sento, grande, chiara e a tratti irresistibile, è già quella di ripartire.

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