top of page
Cerca
  • Immagine del redattoreAlitaki

Quest'anno

Aggiornamento: 2 gen 2022


Da giorni cerco un po' di tempo per scrivere. E forse proprio questa costante ricerca di tempo per me, per fare quello che credo mi piaccia di più, è un buon riassunto dell'anno appena passato. Circa un anno fa non avevo nessuna entrata economica. Nessun progetto esterno a cui lavorare, né una visione futura su cosa avrei fatto o dove sarei andato. Ma sapevo che era finalmente giunto il momento di riprendere un vecchio discorso. Per circa due mesi mi sono svegliato la mattina presto, intorno alle sei. Non ci sono stati fine settimana né altre pause nel mezzo, se non per coltivare un fiore che proprio in quei giorni stava sbocciando. Così ho scritto il mio libro, sotto lo sguardo vigile e un po' beffardo di mio nonno, che mi guardava in una fotografia sopra alla scrivania. La prima botta – forte e difficile da incassare – è stata proprio quando ho finito di scrivere. Nutrivo una forte speranza che il mio romanzo potesse piacere ad altra gente, e pensavo non fosse poi così difficile trovare qualcuno disposto a credere in me. Non è andata così, almeno per il momento, e pazienza, ho sempre tempo per riprovarci, magari con maggiore costanza. Ma da lì mi sono un po' perso o, come direbbe qualcuno, mi sono disunito. Ho viaggiato molto, moltissimo. E sebbene ripeta a me stesso che dovrei essere solo grato per i posti che ho visto, le persone che mi hanno accompagnato, sento che, nel frattempo, ho lasciato un po' da parte altre cose. Le mie aspirazioni, per esempio. Il mio sogno di diventare scrittore. La forza e la voglia di fermarmi nella mia Genova, e costruire qualcosa sotto il faro della Lanterna, magari proprio in quei vicoli grigi e maleodoranti che non smettono mai di farmi innamorare. Sono partito un numero indecifrato di volte e, a ogni arrivo, mi sentivo dopo qualche giorno smarrito e ingabbiato. Qualche mese fa, quando mi sono fermato più a lungo, lo spaesamento è diventata sofferenza, forte e incontrollabile. Ho deciso di lasciare da parte quel fiore, anche se non ero convinto che fosse appassito. E non sono nemmeno sicuro che tutti questi viaggi, queste esperienze comunque straordinarie che ho vissuto quest'anno non facciano parte della mia strada. Volente o meno ci sono finite, e come tali vorrei accoglierle e sentirle mie. Vorrei dire grazie a tutta la bellezza che ho incrociato nel 2021, a tutto l'amore dato e ricevuto. Allo stesso modo, vorrei che pure tutte le lacrime, i momenti di solitudine, gli errori, i fallimenti e i tentativi lasciati a metà siano anch'essi metabolizzati.

Qualche giorno fa chiacchieravo con un uomo che fa il contadino. La sua casa è al centro della vallata, alle sue spalle ci sono i monti brulli della Liguria, davanti tante fasce di terra coltivate con sudore e perseveranza. Proprio in fondo, al centro della "V" che forma la valle, c'è solo il mare. Spesso delle grosse navi da container fanno capolino dietro a un albero. Fino a qualche anno fa, Dario si incazzava a vederle, perché quella brutale modernità rompeva un paesaggio che altrimenti è rimasto uguale a quello di chissà quanti anni fa. "Ora non più", mi ha detto mentre gli ultimi raggi di sole gli riempivano gli occhi di una luce profonda. "Ora ho imparato ad accettare pure quello".

Di questo 2021 vorrei prendere un po' della forza di Dario, della sua serena accettazione che tutto succede perché deve accadere e, perché no, vorrei pure imparare ad accontentarmi.


Per il nuovo anno invece i propositi sono tutti abbastanza alla rinfusa. Suonare la chitarra, imparare un'altra lingua, tornare a scrivere un'altra storia e credere di più in quella scritta quest'anno. E guardando il mare dalla finestra, lo stesso mare che poco più in su vede Dario, vorrei anche fare pace con un po' di cose. In primis con questa terra e la mia città, che amo e che odio, da cui parto e poi torno, ma in cui mi risulta così difficile restare. Perché oltre a essere maledettamente bella è pure tanto mia. E, proprio come dice Capuano nell'ultimo film di Sorrentino al povero Fabietto, anche io sono convinto che Genova abbia più di una storia da raccontare. Speriamo che ci sia pure la mia.

1 commento

Post recenti

Mostra tutti

17 Agosto

Per conoscere il fuoco devi prima bruciarti. A sei anni, quando una pentola di minestra bollente si rovesciò sulla mia schiena, non sapevo cosa volesse dire dolore. Di quella sera non ricordo il male,

bottom of page