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Quattro amici al bar


Cos’ho qui, fammi vedere… Ah, quella foto. E’ stata scattata l’estate dopo che Roby si era impiegato in una banca. Un bel posto, non c’è che dire, lavorava dalle otto alle 4 di pomeriggio, un’ora di pausa pranzo e tutti i fine settimana liberi. E noi, beh noi si era detto pazienza, si può fare molto pure in tre.

E pensare che il bar l’aveva scelto lui, aveva le sue fisse, come tutti del resto. Il Bar dei pescatori, si chiamava. E ci voleva coraggio, perché sì, il mare sarà stato pure vicino ma andateci voi a pescare, in quell’acqua putrefatta di porto, Avremmo avuto sedici anni, le nostre serate iniziavano sempre lì, e a furia di averlo come punto di ritrovo, una sera ci eravamo pure entrati. Il barista era un amico del padre di Roby, e ci salutava con un cenno del capo, indicandoci un tavolino defilato. Il patto era: voi potete entrare ma niente alcool. Così ci mettevamo davanti due coche e due caffè , e parlavamo. Sapete, erano anni di lotta, quelli. Per le strade, a scuola, a casa. E tra di noi si parlava di anarchia e libertà, perché di cosa volevi parlare. Con profondità, tirando fuori i tuoi perché e, soprattutto, proponendo i tuoi farò.

Farò, farò, farò. Io nella vita volevo fare tante cose, ma soprattutto volevo andare in mare, sì insomma imbacarmi su una nave. Ma la verità è che non ne avevo le palle. Anche Roby voleva farlo, e quando entrò in quella banca, per me fu come un tradimento, ma non lo feci vedere agli altri due rimasti con me. In questa foto avremmo avuto venticinque anni, tutti e tre fidanzati da tempo, prossimi al matrimonio, anche se ancora non lo sapevamo. Ma in quel bar, dove ormai ritrovavamo praticamente ogni sera, eravamo uomini ancora liberi E si parlava, tra un bicchiere finalmente di vino ed un caffè. Si parlava di individui e di solidarietà. Perché stavamo capendo che per le nostre lotte di classe avevamo bisogno degli altri e forse, pure di scendere a qualche compromesso, anche se questo lo dicevamo a voce bassa.

Quando se ne andò il Biondo fu un brutto colpo. E’ quello a sinistra, nella foto. Uno talmente bello, ma talmente bello, che vi giuro, faceva girare gli uomini ancora prima delle loro fidanzate. Si sposò con una francesina lasciando la sua fidanzata storica, la Gigia, che quando lo venne a sapere pianse come una fonta. La francesina veniva dal nord, Lille se non erro. E il biondo la portava al mare, sempre al mare. I primi mesi spuntava ogni tanto, giusto per un saluto e noi gli gridavamo: dai biondo fermati per un bicchiere di whisky! Ma lui era già uscito. Poi non venne più .

Una notte d’inverno, quelle con la tramontana bastarda che ti entra da tutte le parti, avevo dato una pacca sulla spalla a Mario e gli avevo detto; oh però i più forti qui siamo noi, mica serve essere in tanti. Mario. Guarda che faccia che ha in questa foto. Mario è stato il mio migliore amico, e per certi versi lo è ancora, anche se ora lui vive lontano, lo vedo giusto a Natale, ma nemmeno sempre. Però che serate con Mario. Ovviamente sempre al bar dei pescatori, ci versavano il whisky nel bicchiere appena entravamo. Con Mario ci capivamo alla perfezione, e si parlava con quella tenacità di chi sta invecchiando ma non vuole ammetterlo. Parlavamo di speranze, e possibilità, perché io ci credevo ancora ad imbarcarmi. E allora Mario mi guardava con quei suoi occhi a palla di biliardo, azzurri come il mare e mi diceva. Sarà…

Sarà ma io avevo già capito. Avevo capito che anche Mario se ne sarebbe andato e sarei rimasto solo, in questo diavolo di un bar.

Beh, meglio andare. Sono le tre, troppo tardi per pranzare, troppo presto per bere. Saluto con un cenno il barista,. Faccio per alzarmi ma in quel momento si apre la porta. Son quattro ragazzini, si siedono vicino a me. “Due coche e due caffè” sento dire da uno di loro.

“Scusi?”

Mi guardo intorno, non c’è anima viva, possibile che quel poppante sta parlando con me.

“Sì”, gli dico diffidente.

“No, volevo chiederle, il cappotto che ha indosso. Dove l’ha preso? E’ da tempo che ne cerco uno così, sì insomma da vecchio marinaio.”

Pazienza per il vecchio. Il ragazzo ha del gusto. Nel frattempo un altro della combriccola parla agitato

“E sai qual ‘è lo schifo? Che nessuno fa più niente. NOn ci si indigna, non si lotta. Dobbiamo cambiare tutto

Mi fermo., mi faccio versare un altro po’ nel bicchiere. Poi mi avvicino. Posso? Chiedo ai ragazzi. Loro mi guardano un po’ straniti ma alla fine acconsentono.

E così sono qui con quattro amici al bar, che hanno voglia di cambiare il mondo.


Puoi ascoltare questa e altre storie tratte dalle canzoni d'autore italiane sul podcast Storiautorato:


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