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  • Immagine del redattoreAlitaki

Luci e ombre a Tbilisi


A vedere Tbilisi dalla collina di Mtatsminda, dopo essere saliti su una funicolare super tecnologica, quella di Zura sembra un barzelletta. Zura ha trentatre anni e lunghi capelli biondi che tiene nascosti in un cappello di lana. Nato e cresciuto in questa città, qualche tempo fa aveva deciso di aprire un'enoteca ma le cose non gli sono andate bene, oggi fa la guida turistica a tempo perso, anche se la sua grande passione è l'architettura. "E' il ricordo più forte che ho della mia infanzia - ci racconta - eravamo tutti col fiato sospeso, affacciati dal balcone di casa ad aspettare. Poi, improvvisamente, sentivamo dagli altri quartieri dei boati di entusiamo, la gente gridava, e noi capivamo che stava per arrivare la luce. Una, massimo due ore al giorno e anche in quel breve lasso di tempo non mancavano i black-out. E' stato proprio così che ho imparato le peggiori parolacce, a furia di sentire tutti in famiglia imprecare." Questa sera Tbilisi è un mare di luci, la nuovissima cattedrale della Trinità - costruita a tempo di record e inaugurata pochi anni fa - sembra il castello della Walt Disney, gli hotel delle grandi catene si specchiano sulle acque del fiume Kura, le sue acque limacciose hannno assistito silenti nel corso dei secoli a rivoluzioni, eccidi, prosperità. Dopo una giornata passata a gironzolare prima con un certo metodo e poi senza alcuna meta, siamo arrivati alla stessa conclusione che avevamo già tirato fuori, quasi per scherzo, stamattina. "Qui non si capisce un belino!" A tratti super moderna, cosmopolita, Tbilisi è una città dal respiro europeo ma con venature asiatiche, persino balcaniche. Palazzi diroccati con pericolanti balconi in legno e muri così sbilenchi che sembrano progettati dal più ubriaco degli architetti, affollano il centro storico. Poco lontano ci sono strutture progettate da architetti contemporanei di fama mondiale, come il ponte della Pace, che con la sua forma elittica avvolge chiunque lo attraversi in una spirale futuristica. E' nella capitale della Georgia che più si avverte il peso della difficile transizione dal periodo sovietico a quello attuale, per certi versi ancora in atto. La voce di Zura si fa dura e sprezzante quando ci parla di un oligarca del posto, il "più ricco e arrogante di tutti" che sebbene abbia raramente occupato degli incarichi ufficiali di fatto tiene in scacco l'economia della città e forse del paese intero. Quando gli chiedo di chi sta parlando lui non mi vuole dire il nome "alla fine è una persona che non fa il bene di questo paese, e dirti il nome farebbe solo aumentare la sua importanza." Da qualche tempo Tbilisi è attraversata anche da una cabinovia, proprio come quelle che si usano per andare a sciare, pure la marca - Leitner - mi evoca ricordi legati a piste blu, nere e rosse. Una volta arrivati in cima il panorama dall'antica fortezza è da mozzare il fiato, noi ci arriviamo all'ora del tramonto, e assistiamo alla lenta discesa dell'ombra sui tetti di lamiera della città vecchia, mentre un bagliore dorato illumina ancora i lontani rilievi del Caucaso. Ieri sera per cena siamo andati in una sorta di seminterrato, dicono che un tempo la maggior parte dei locali fossero così, forse era un modo per trovare un po' di pace dal caos della strada. Al tavolo vicino quattro vecchietti intonavano canzoni locali in questa lingua così astrusa alle nostre orecchie. Eppure oggi Zura ci ha insegnato alcuni piccoli trucchi, come aggiungere un semplice "Didi" a madlobt (che significa grazie), pare così facendo si ottenga una fortissima riconoscenza. Inizialmente scettici, abbiamo deciso di mettere in pratica il consiglio, mio fratello l'ha detto a più riprese nel corso della serata e non potete immaginarvi quale calore e felicità abbiamo visto nel volto delle persone. E' davvero difficile spiegare Tbilisi, le due immagini che ho più impresse prima di andare a dormire sono quelle di un portone malconcio che, appena sfiorato, si apre sull'ingresso di un palazzo tenuto in piedi da travi di legno, in un'atmosfera così decadente da diventare quasi romantica. L'altra è l'espressione triste di un cane che oggi ci ha accompagnato per un lungo tratto della nostra passeggiata, infinitamente riconoscente per qualche coccola e un pezzo di pane.

A Tbilisi il buio sembra essere passato ma la luce che inonda le strade ogni sera non basta ancora alla sua gente. Loro vogliono, esigono un progresso più equo e giusto per tutti, quello che porta un popolo ad avanzare senza rinunciare alla propria anima.

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