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  • Immagine del redattoreAlitaki

Un poggiolo sopra al Sol


È dolce ma non dolciastro, suadente e non invadente, femminile, ammaliante, intrigante. Sa di vaniglia con un tocco di spezie orientali. Da quando sono arrivato a Madrid c’è un profumo che mi sta facendo uscire di testa. All’inizio pensavo che fosse di qualcuno intorno a me, poi ha iniziato a comparire nei luoghi più improbabili, ancora ieri mattina si aggirava tra gli scaffali di Mediaword - che qui si chiama Mediamark - mentre trafficavo tra adattatori per PC (prese tedesche, spagnole, italiane… l’Unione Europea è ancora lontana da venire). Questo profumo, dicevo, spunta nei momenti più disparati ed è stato il fedele compagno di questa mia prima settimana iberica. Quando lo riconosco mi tranquillizzo o mi entusiasmo, a seconda del mio stato d’animo del momento. L’ho sentito anche sabato scorso, quando mi hanno portato a vedere il tramonto nei pressi del tempio egizio di Debod, regalino di Nasser alla Spagna ai tempi della diga di Assuan. Mi è stato detto che da questa collinetta è un po’ come vedere il tramonto sul mare, perché il sole diventa un disco infuocato che lentamente si spegne su un orizzonte piatto. Senza offendere nessuno ma io, di mare e della sua aria, ne ho respirata ben poco. Quel profumo invece sì, e pure tanto. E mentre impazzivo a capire da dove provenissse e tutti gli altri erano troppo indaffarati dallo scattare foto e video, ho intravisto, dietro a quel sole, la luce di Madrid. In questo periodo fa la sua comparsa intorno alle cinque e mezza e asciuga le imperfezioni dei palazzi, facendone vibrare i colori, un po’ come quando si mettono delle pietroline dentro a un secchiello. E’ una luce che illumina i volti ma non li scalda, si infila in strade ombrose e accende una scintilla di chiarore sull’inverno. A dire il vero la prima volta che ho notato questa luce ero in Plaza Santo Domingo, a pochi metri dalla Gran Via. Dovevo vedere una delle mie prime case (o, per meglio dire, camere) e non ero particolarmente ottimista, la zona non mi sembrava un granchè. Entrandoci invece ne sono rimasto entusiasta, tanto da aver scritto un messaggio alla proprietaria dieci minuti dopo la visita, dicendole che ero pronto a pagare, fare, scrivere, insomma volevo quella camera! E invece nada.

Lo siento Matéo

Eh sì ho capito che lo sienti però io ci avevo già messo sopra il cuore anche perché, diciamolo, trovare casa a Madrid non è proprio una passeggiata.Per certi versi alcune visite ricordano l’Australia, quando si andava a vedere luridi monolocali con mattoni a vista - e non per motivi estetici - in compagnia di dieci, quindici persone, roba che sembrava di essere a un museo, e pure di bassa qualità. Anche qui è successo lo stesso, in certi casi. In altri la visita è stata più personale ma non per questo meno carica di ansia, con zelanti proprietari di casa che ti avvisano che entro la giornata la camera sarà affittata, che devo dirgli qualcosa, che insomma mi devo muovere, ora! Dopo qualche giornata passata a salire e scendere scale, a provare fugaci momenti di gioia e repentini attacchi di panico, a imparare a memoria le fermate della linea 6 - la mia preferita, la circular - mi sentivo come la ragazza che ho incrociato una sera, ovviamente sulla metro. Seduta vicino a me, con un maglione verde shocking aggressivo e una coda di cavallo impertinente, aveva un viso pallido che con il chiarore del cellulare lasciava intravedere smorfie di sofferenza atroce. A un certo punto volevo quasi aiutarla. Poi però la magia: schiacciava qualche tasto e nel giro di un secondo e mezzo – giuro un secondo e mezzo – iniziava a sorridere e poi a ridere di gusto. Un’altra vittima del bipolarismo da ricerca della casa, ho pensato.

L’altra mattina è successo qualcosa di diverso. Negli ultimi mesi ho scherzato parecchio sul fatto che dovessi andare a Madrid perché “sono in missione per conto di Dio”, proprio come i mitici Jake & Elwood dei Blues Brothers. Ecco perché quando sono arrivato in anticipo all’ennesimo appuntamento ho sorriso: a fianco del portone c’era un negozio di statuine religiose di tutte le taglie, tipi, dimensioni, fede. E poi negli ultimi tempi sono abbastanza preso da questa storia dei segnali, di alcune coincidenze che a volte sono pure casualità, a volte meno. Ogni tanto addirittura sono momenti importanti, belli, che lasciano qualcosa addosso. In altri casi sono poco più che belinate, proprio come quando ho visto che di fronte al negozio di articoli sacri c’era una libreria, io che ora me la tiro da aspirante scrittore e che in valigia ho messo più libri che vestiti. E infine, per uno che nemmeno una settimana fa ha dovuto cedere l’agognato posto finestrino alla sua chitarra, il coup de theatre: poco più avanti c’era una bottega artigianale che costruisce da quasi un secolo… Guitarras!

Sono entrato in un ascensore stretto e appena varcata la soglia della camera ho provato un momento di sana e incontenibile felicità. Era pulita, modesta, accogliente, mia. Ho iniziato a mandare foto, video e audio a mamma, papà, fratello, amici. Ho spiegato a tutti che per arrivare in questa casa si prende una via da Puerta del Sol e che, dopo aver toccato una piazza, questa si restringe, per i canoni madrileni la si può definire un vicolo. Ha un nome forse un po’ scontato ma che io trovo stupendo: Calle de la Paz. Calle de la Paz a un certo punto si fa un poco in salita, c’è una leggera curva, ai suoi lati ci sono palazzi vicini tra loro che, specie la mattina, creano un'ombra impenetrabile. Per fortuna però che quando si entra nella mia casa – ops, pardon, camera - c’è una bella finestra dal quale si intravede il cielo di Madrid. Anzi no, non è una finestra come ho creduto la prima volta ma proprio un poggiolo. Minuscolo, ma sempre e comunque un poggiolo – balcone per i profani - dal quale ho già visto che passa un poco di luce. E chissà se lì sopra, da un poggiolo sopra il Sol, riuscirò pure a sentire quel profumo.

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