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  • Immagine del redattoreAlitaki

Le mezze stagioni


Non ci sono più le mezze stagioni.

Le fronde ancora spoglie hanno premura di ricoprirsi di fiori, incitate dal caldo di un aprile che sembra già giugno. È come per quei bambini che vengono fuori al settimo mese e senti dire: aveva fretta di nascere.

Da un giorno di agosto del 2017 ho urgenza di vivere. Di fare, ma soprattutto sentire. E no, senza mezze misure, vivendo sull'ottovolante se necessario. Perché gli anni che ho passato dietro a una scrivania, con un'espressione da prima entusiasta, poi poco convinta e infine rassegnata, mi hanno disimparato a sentire. Non sapevo più chi fossi né dove andassi, seguivo una corrente di giorni tutti uguali, senza sapore né odore. Difficile, per chi l'entusiasmo ce l'ha nel sangue, e al sangue non si dovrebbe mentire. E invece ho tradito la mia coscienza, quella che son balle che a vent'anni uno è acerbo e non sa che strada prendere. Io l'avevo trovata ma poi l'ho disdegnata, ammaliato da rilucenti idoli di un sistema che non mi apparteneva. Pensavo fosse giusto così: accettare e subire.

Così sono arrivato alla rottura, netta come un colpo di forbici. Non ho mai creduto ai compromessi di chi mi diceva: Dai, prima di licenziarti cerca di capire che fare. Né, tantomeno, ho mai sposato gli estremisti che sostengono che questo mondo sia tutto una merda, e che quasi non valga la pena restarci.

Da un giorno di fine agosto cerco il mio posto. Lo faccio con slanci, passetti in avanti e clamorose giravolte all'indietro. La mia Itaca, quella a cui ambisco e voglio tornare, è la serenità, che per me ora vuol dire soprattutto sedersi, sapersi accettare e intanto godersi il cammino percorso. Non ho mai smesso di credere negli individui, se mai ora capisco più facilmente chi sono quelli a cui dare fiducia. È gente che ha ancora la forza di piangere, arrabbiarsi e ridere forte. Ho paura e fuggo dal mondo del consumismo sfrenato, lo reputo la causa dell'infelicità di tanti. La realtà iperconnessa in cui viviamo è una giungla di uomini e donne terrorizzate dal fermarsi davvero per guardarsi dentro.

Sono fiero dei miei dubbi e orgoglioso delle mie poche certezze. La più grande è che vivere è fatica, scoperta, ma soprattutto meraviglia. Gratitudine infinita per fare parte del tutto, per percepire qualcosa che, nei rari momenti in cui mi è capitato, va oltre a dove arrivano i nostri sensi. Viene da dentro, da un luogo che qualcuno chiama anima o, se preferit,e cuore. È lì che ci celano le risposte ai dubbi e alle speranze, alle ansie e ai sogni. E non voglio abbassare l'intensità delle mie emozioni, né vivere inculcato da valori che nascondono dogmi. Sentirò la voce di tutti, ascolterò quella di molti e farò mia quella di pochi.

Ho capito di essere io quando amo sfrenatamente, se mi butto a capofitto in un progetto, quando scrivo e pure quando cado per terra, facendomi male. Perché non ci sono mezze stagioni né mezze misure, in questa faccenda.

Da un lato c'è vivere e basta, assecondare ciò che ci circonda, e non è poco. Dall'altro c'è da capire il motivo per cui siamo qui. Saper accarezzare la nostra essenza più profonda. Iniziare a parlarci e non smettere più, fare sì che diventi la nostra unica, eterna guida.


Ho imparato che nessuno mi potrà insegnare la differenza. E ho pensato che sarà bello, capirlo da me.

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