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Le Gru


Le gru. Le gru le vedi quando sei ancora in autostrada, e all'inizio non ci fai molto caso, d'altronde chi non ha mai visto una gru, in città. Nel frattempo hai passato il casello autostradale, ti ritrovi in una periferia come tante, quelle che ormai si assomigliano tutte, con i centri commerciali tutti uguali, le stesse catene di negozi, perfino le rotonde si assomigliano. Il primo abbaglio arriva davanti alla stazione. È troppo luminosa, pulita, talmente asettica che a guardare la sala degli arrivi sembra una sala operatoria. Ma poi lasci perdere e, anzi, pensi: per una volta che le cose son fatte bene che cosa hai da lamentare. QuindixcCammini lungo delle mura bianche, non particolarmente alte, che ad un certo punto si aprono in un varco, l'accesso alla città vecchia. Lì c'è una chiesa in perfetto stato e pure la fontana delle 99 cannelle, uno dei simboli della città, è stata restaurata con cura. Ma in mezzo a tutto ciò c'è una casa puntellata, con crepe che partono dal portone e arrivano fino al tetto. Ed è questa la prima cosa che vedi entrando a L'Aquila. Pensi che magari si tratti di un caso isolato, e che salendo lungo la collina troverai più conferme che smentite, dopotutto sono passati 11 anni da quel giorno di aprile. Sali lungo una salita ripida, il respiro si fa insofferente, e nelle orecchie risuona il ticchettio dei muratori, intenti a lavorare in qualche cantiere poco lontano. Si passa sotto a un cavalcaviaa, ormai il centro è a portata di mano. Ed è lì che inizia lo strazio. Basta discostarsi un secondo dalla via principale e le strade diventano una giungla di impalcature, cartelli impolverati annunciano lavori di ristrutturazione (e talvolta persino di demolizione) iniziati nel 2012 e con una durata presunta dei lavori di due, massimo tre anni. E invece tutto è fermo, spettrale. I portoni dei palazzi sono socchiusi, i vetri delle finestre infranti dalle scosse di quella notte. Non c'è anima viva lungo la strada, forse perché siano ad Agosto, forse perché nessuno ci vive più davvero. Continui a salire, perché L'Aquila è città in salita e finalmente qualche palazzo ricostruito lo trovi  pure. Ma sono perlopiù disabitati, ai citofoni mancano i cognomi, quelli provvisti di telecamera hanno ancora la pellicola davanti da togliere, come con i cellulari nuovi. Fili della corrente solcano un cielo ora azzurro ora ingrigito da nuvole all'orizzonte. Da una piazza monumentale prendo una traversa per dirigermi al Duomo. Un cartello annuncia "zona rossa, vietato l'accesso". Oltre le grate c'è un pertugio su cui passare, cammino in avanti ma lo sguardo è verso ciò che mi circonda. Un'agenzia immobiliare che pubblicizzava favolosi attici in centro. Vedi un annunxio con tanto di planimetria, sopra ha una scritta "per chi ama le emozioni forti". Poco dopo c'è Un portone impolverato, i soliti vetri infranti, le scritte sui muri. Guardo meglio, vedo attaccate sui vetri delle locandine. Programmazione del cinema, settimana dal 3 al 9 aprile. Io e Marley, step up e altri film di quella settimana del 2009. È rimasto tutto così. Ormai ammutolito mi dirigo verso corso Vittorio Emanuele, la via del passeggio, che rispetto ad altre zone sembra passarsela un po' meglio. Ma anche lì ti accorgi che i palazzi ricostruiti son tutti nuovi, e che gli unici passanti sono gente da fuori come te, con la faccia stupita e senza molta voglia di scherzare. Il tempo di un gelato, in uno dei pochi negozi aperti del centro. Poi con qualche passo mi ritrovo nuovamente per la periferia, Dove l'Aquila diventa nuovamente una città come tante. Da lì salgo sui monti circostanti. Uno dei Belvedere più amati dalla gente del posto si chiama Crocetta,ci arrivo quasi al tramonto. Da lì L'Aquila è bellissima, adagiata su una conca e sormontata dalle verdi montagne nell'Appennino. Quasi ti dimentichi di ciò che hai appena visto. Ma la sensazione di armonja dura poco perché le gru, sempre loro, dominano lo sguardo, i pensieri, il tuo cuore. Allora ti volti dall'altra parte. Dove ci sono solo monti e cielo. In mezzo a nuvole nere cariche di pioggia si fa largo un pezzo di arcobaleno. Più in là, su un crinale erboso, l'ultimo sole della giornata getta una luce dorata. Sulla città, sul suo centro storico, regna una penombra cupa e Immobile.  

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