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La Bella


Sto sempre più cercando di andare oltre alla prima impressione. Specie se questa è negativa, ho scoperto che se mi lascio condizionare il rischio è di perdermi qualcosa (o qualcuno) di bello. Una piccola grande lezione imparata durante il Cammino. Eppure ogni tanto la mia indole da intuitivo viene fuori, non ci posso fare niente e, anzi, a volte mi tocca pure assecondarla. Con Siviglia ci siamo trovati alla grande fin da subito. Niente disagio da "pre arrivo", quella fastidiosa sensazione di essere uno straniero fuori posto, di cui pure ho già parlato. Ancora sul pullman, con addosso un po' di malinconia per aver lasciato forse troppo presto le spiagge dell'Algarve, mi sono lasciato stregare da una luce del crepuscolo che non finiva mai. Oltre al finestrino c'era un giallo intenso, che non voleva proprio saperne di diventare blu. E a me pareva che tutti noi, tutti i passeggeri di quel pullman, ci sentissimo un po' meglio per questo. Poi è arrivata la città, i primi capannoni industriali, le soste ai semafori, le occhiate curiose alla gente che cammina e che vive la vita di tutti i giorni. Si apre la porta del bus, scendo i gradini e ancora una volta sento qualcosa di così familiare. Questa volta non è un odore ma proprio l'aria che respiro, quella calda e un po' umida che c'era al casello di Genova Ovest ogni volta che si tornava dalle vacanze d'estate. Mi sembra di essere in macchina con i genitori, papà ha appena detto grazie al casellante, e io ricordo che in quel momento mi sentivo bene. Non pensavo al ritorno a scuola, a un'altra estate che se n'era andata, ero contento a ripensare di tornare nella mia camera e toccare i miei giocattoli, sdraiarmi nel mio letto, ecco quello che mi restituiva quell'aria, per dir la verità pure un po' malsana. Aria di casa a Siviglia. Che strano e che bello, penso mentre raggiungo l'ostello, qualche camerata di letti in legno chiaro e una bella terrazza all'ultimo piano. Al bar, nemmeno a farlo apposta, trovo un ragazzo australiano, appena sento l'accento con quelle o rotanti sorrido, e poi insieme brindiamo a quel paese così fottutamente lontano. Quel paese dove ho vissuto e un giorno tornerò. Tempo di uscire, di assaggiare questa città calda e dai tempi lenti. A Siviglia un martedì notte è un giorno qualunque. Non ci sono folle di turisti per la strada, niente localini tutti uguali, tutti perfetti, con i loro menù scritti in un bel corsivo, gli aforismi scritti sui muri. Poi il giorno dopo scopriró che ci sono eccome, ma perlomeno tutti condensati più o meno in una zona, basta evitarla, no? Le strade martedì notte sono silenziose a Siviglia, e per trovare un bar aperto basta seguire il vociare della gente del posto, questo spagnolo nella sua versione andalusa che si mangia tre parole su quattro. Vado a dormire, non voglio strafare. Il giorno dopo è quello della verità, non basta più la prima impressione, ora sì fa sul serio. E quando lo faccio con questa città, beh scopro che Siviglia è semplicemente bella, bellissima. Nel senso più estetico di questa parola, camminare per il suo centro è una gioia per gli occhi. Ogni palazzo è di un colore diverso, eppure quando lo vedi dall'alto il caleidoscopio diventa una bomboniera bianca, che brilla luminosa sotto un sole caldo, impietoso. Per schivarlo ci sono lunghi e immobili teli stesi tra una via e l'altra, sembrano vele di una nave, come quelle dei vascelli che da qui partivano alla conquista delle Indie. Siviglia è una città araba, europea, gotica, rinascimentale ma soprattutto spagnola. Perché è qui che l'idea che tutti abbiamo di questo paese prende forma, tra piastrelle colorate, una cattedrale immensa, piazze alberate e balconi in ferro battuto. E Siviglia non delude, anzi delizia. Una vecchina molla la borsa della spesa e si lancia in un flamenco con un signore che forse nemmeno conosceva. I signori anziani portano sempre la camicia con le maniche ben aderenti alle braccia, mai arrotolate, i pantaloni scuri con la riga nel mezzo e i capelli perfettamente pettinati da un lato. Non sudano, né sentono il caldo, e anzi profumano di acqua di colonia quando gli passi a fianco. Siviglia non è casa mia e mai lo potrà essere, io con un caldo così morirei all'istante (e pensare che siamo quasi ad ottobre!) Eppure Siviglia è ciò di cui avevo bisogno in questo momento, perché grazie a lei ho scoperto di potermi ancora innamorare di una città. Di Sevilla, la bella.

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