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  • Immagine del redattoreAlitaki

I castelli visti da lontano


I castelli danno il meglio di sè quando visti da lontano. Spesso spuntano arroccati su una collina in lontananza, a dominare la valle o la città ai loro piedi, e ci fanno sognare con cavalieri e principesse. Allora, come estasiati dalla loro magia, ci avviciniamo e finiamo per visitarli, anche se sappiamo già che l'immagine che ci rimarrà in testa sarà la prima, quella della fortezza inespugnabile che, non appena avvistata, abbiamo dovuto indicare col dito a chi era vicino a noi. Akhaltsikhe ha il suo castello, di notte è accarezzato da una luce verdina, noi l'abbiamo visto alla fine di un pomeriggio ormai in balia dell'oscurità, fuori scendeva una neve leggera. La neve, finalmente! Era un altro mio piccolo tarlo che mi crucciava da tempo, potermi godere una nevicata prima che tornasse la primavera e io dovessi aspettare un altro anno. Il mio desiderio è stato esaudito a Borjomi, una cittadina sdraiata a lato di un fiume, nel mezzo di una valle piena dialberi, oggi avevano tutti i rami cosparsi da una polvere soffice, densa. Abbiamo provato l'acqua della sorgente del posto, una specie di ferrarelle tiepida e dal gusto salato, pare che fosse molto amata da Lenin, un po' meno dai fratelli Mangili. Siamo saliti su una piccola funivia argentata, di quelle che se ti sposti da una parte all'altra ti fanno ballare su e giù, e una volta in cima alla collina ci siamo goduti tutta la vallata imbiancata, sotto un bosco avvolto da un bel silenzio invernale (peccato solo per i minivan turistici che sfrecciavano indemoniati). Oggi è iniziato il viaggio per la strada, una volta lasciati Kutaisi abbiamo raggiunto l'anonima cittadina di Khashuri. Quí xi siamo rifocillati di Khachapuri, le onnipresenti focaccine georgiane al formaggio, in una briosa tavola calda dove la signora al bancone ordinava al forno del piano inferiore i rinforzi tramite un walkie talkie. Poi, alla ricerca di un caffè o qualsiasi brodaglia calda, siamo entrati in un locale meravigiosamente kitsch, le pareti erano ricoperte da una tappezzeria che ritraeva il Canal Grande ed altre chicche italiche. Un tizio, senza accorgersene, ha inforcato i miei occhiali da vista lasciati sul tavolo e ha iniziato ad imprecare per non riuscire a leggere il giornale. "Sono miei" ho cercato di fargli capire, e lui è arrossito dalla vergona. Dopo poco è uscita dalla cucina una signora, un'arzilla cinquantenne con gli occhi chiari, e al vedere questi due stranieri un po' spaesati ha alzato il volume della musica e ci ha invitato a ballare con lei. E che dire della vecchietta del museo di storia naturale, avvolta nel suo pelliciotto scuro stile Unione Sovietica ha sfoderato un insospettabile inglese, spiegandoci la storia dei reperti esposti per poi farci capire che si stava facendo una certa, insomma meglio toglierci dalle balle! E poi ancora la neve, che diventa tormenta una volta tornati per strada, noi a bordo di una Ford Escape d'annata che ha una barra di luci led sopra al tetto così potente da sembrare una discoteca ambulante. L'arrivo ad Akhaltsikhe, per pochi Lari troviamo una camera, tanto minuscola quanto accogliente. A gestirla è Masha, un ragazzo che non avrà nemmeno diciotto anni e, nonostante la timidezza, riesce ad accoglierci con il migliore dei sorrisi. Dopo cena, con la pancia piena di Khachapuri (un'altra!), Kinkhali (ravioloni di carne al vapore, vera e propria ossessione per mio fratello) e una carne di maiale accomapagnata con delle patate divine, decidiamo di fare due passi verso il castello. Varchiamo l'entrata, ci arrampichiamo sulle mura, passeggiamo sui torrioni. Quando è ormai giunto il momento di rincasare dalle vetrate di un locale semivuoto notiamo un gruppo di ragazzi che, in preda a una euforia incontrollabile, si alza in piedi a formare un cerchio, tutti iniziano a ballare. Le braccia roteano in aria, un ragazzo si esibisce in salti armoniosie con le ginocchia sfiora il suolo, quindi si rialza e torna a danzare. Andrea ed io rimaniamo incantati a guardarli per qualche minuto, dal loro mondo ci separa una sottile vetrata. Ce ne andiamo, ora il castello su cui prima posavamo i nostri piedi, quello che oggi era un punto lontano è davvero vicino, dalla finestra della camera ci sembra di poterne sfiorare le torri.


Eppure già mi assale la voglia di tornarci dentro, domattina presto, magari sotto un'altra

nevicata. Chissà se stanno ballando ancora, quei ragazzi dentro al castello.

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