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Grazie Zio


Forse dovrei scrivere della Sicilia, ma questa terra è talmente complicata che mi chiedo se riuscirò mai a capirla davvero. Chi viaggia però dispone di uno strumento prezioso: prima o dopo si imbatte in dei segnali pronti a indicargli la strada.

Oggi ci ha pensato mio zio.

Era un uomo spiritoso, portava degli occhiali dalla montatura nera e vistosa, con le lenti scure. Di lui ho dei ricordi sfocati ma comunque ben impressi nella memoria, come un post it difficile da decifrare ma comunque appeso da anni sul frigo. Mi ricordo che una volta, avrò avuto quattordici anni, ero con dei miei compagni di scuola in casa di mia nonna. Lui, a vederci complici e pure un po’ birbanti, ci aveva soprannominato i tre moschettieri. Rideva di gusto, aveva passato tutto il pomeriggio a ripeterlo, e noi ridevamo con lui.

Mio zio parlava lento, senza fretta, e la Sicilia è come lui. Il mare a largo si gonfia piano, respira come una pancia che dorme. La calura dei giorni d’estate assomiglia a una domenica pomeriggio, in cui il tempo sembra non scorrere mai e quando passa ti lascia addosso un po' di nostalgia, che quasi vorresti ritornare indietro. Mio zio parlava spesso della Sicilia e della sua Licata. Se n’è andato un anno fa, e ha ovviamente voluto tornare al suo paese.

"E’ in un cimitero bellissimo, proprio sopra al mare" mi avevano detto. E io non avevo avuto dubbi, quando sarei partito per l’Italia che Gira sarei andato anche da lui, a salutare zio Salvatore. Posso quindi dire con assoluta certezza che se non fosse stato per te, zio, ora non sarei qui, a vedere tutta Licata dal castello, che si chiama come quello di Roma, Castel Sant’Angelo. A sentire i motorini che strombazzano per le vie del centro storico, mentre alle mie spalle dei tizi stanno facendo delle riprese per un film amatoriale. “Dai, ne facciamo ancora una e poi siete liberi!”, dice il regista, che per l’occasione regge in mano anche un faretto per illuminare il volto degli attori. C’è una bella atmosfera, questa sera a Licata.

In fondo qui mi sono sentito bene appena arrivato. Ormai abituato agli sguardi curiosi intorno al mio zainone, aspettavo la proprietaria della camera paziente, per nulla infastidito dall’attesa. Simona, due occhi che ridono dietro la mascherina e un vestitino a rombi blu e dorato, mi ha accolto insieme a suo papà. Lui si chiama Enzo, dice di avere settanta anni ma ne dimostra almeno dieci in meno. Mi spiega le strade di Licata sotto il sole impietoso delle tre di pomeriggio, dice di patire il caldo ma non mi sembra che stia soffrendo, anzi, ride mentre mi parla della chiesa dove si è sposato. “Ci devi passare, così vedi dove mi sono inguaiato”.

Simona mi offre del succo di frutta, poi i due insistono per portarmi a fare un giro. Enzo mi mostra il faro, il secondo o terzo più importante d'Italia, dice. “E dopo che l'hai visto non penserai più alla tua Lanterna!” Rido. E sorrido pure perché ha detto tua, prima di Lanterna. Poi, una volta salutati papà e figlia, mi ritrovo solo, a passeggiare per le stesse strade. Raggiungo la spiaggia di Marianello, Simona si è affrettata a spiegarmi che non è tra le più belle, a me pare stupenda. Una distesa di sabbia lunga almeno un chilometro e larga centinaia di metri, delimitata da un mare aperto da un lato e da bianche falesie dall’altro.

Zio, ma tu come facevi con tutti quegli scogli in Liguria?

Quando mi faccio il bagno il sole è ormai un disco dorato nel cielo, mi tuffo in un fondale basso e sabbioso. Onde lunghe, da prendere di petto per sentirsi potenti, e poi lasciare che ti prendano alle spalle per sentirsi volare. Alzo lo sguardo verso dove sono venuto, su una collina che dal promontorio digrada verso il mare vedo il cimitero. Te la passi bene zio, c’è ancora il sole lassù. Al cancello trovo chiuso ma poco importa, ripasserò domani. In fondo a me pare già di averti visto, in cima alla collina, con il tuo bel viso da uomo del sud baciato dallo stesso sole che mi ha fatto brillare gli occhi. Sorridi, forse mi ringrazi pure per esserti venuto a trovare in Sicilia.

Sai, a pensare alla giornata di oggi, a scendere giù dalle stradine di Licata Vecchia illuminate da dei lampioni gialli, mi viene da sorridere pure a me. Senza esagerare, in maniera compassata, lenta. Proprio come ti saluterò domani, e sarò io a dirti grazie, per avermi fatto iniziare a capire la tua Sicilia.

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